POLITEKONGPT
viernes, febrero 27, 2009
Oda de PPK para el BID
martes, febrero 24, 2009
Un Plan Anticrisis Mentiroso
Una descentralización fiscal apurada
domingo, febrero 22, 2009
TLC con USA y el saldo (Buy american - Compre Peruano)
El plan Buy American de EE.UU., propuesto por el gobierno de Barack Obama para luchar contra la recesión, generó preocupación en el Perú, por el peligro de que las exportaciones locales se vean aun más afectadas. Sin embargo, la ministra de Comercio Exterior y Turismo, Mercedes Aráoz, señaló que la vigencia de un tratado de libre comercio entre ambos países impedirá que el plan de estímulo estadounidense a su economía, específicamente la cláusula Buy American, se convierta en una barrera para los posibles contratos con proveedores peruanos.
jueves, febrero 19, 2009
Tren, combi y buscamion
La desigualdad perjudica al medioambiente
Informe de Social Watch 2008
lunes, febrero 16, 2009
Porqué cayó la recaudación en enero
En enero, los Ingresos Tributarios del Gobierno Central ascendieron a S/. 4 854 millones, cifra que representa una caída real de 9,5% respecto de similar mes del 2008. Dicha caída se explicó principalmente por: i) una menor recaudación del Impuesto a la Renta proveniente principalmente de las empresas mineras, lo que a su vez refleja la caída en los precios internacionales de los principales minerales de exportación y ii) por la eliminación de los pagos a cuenta semanales del Impuesto Selectivo al Consumo.Dicho resultado se obtuvo en virtud a los niveles de recaudación registrados tanto en los tributos internos como en los tributos aduaneros. Así, mientras que la recaudación de los tributos internos (excluyendo las contribuciones sociales) ascendió a S/. 3 996 millones (caída real de 8,1%); la recaudación de los tributos aduaneros alcanzó los S/. 1 353 millones (caída real de 13,2%).Esta evolución desfavorable en la recaudación responde a la desaceleración en el crecimiento de la actividad económica, con un crecimiento en noviembre de 2008 de 5,1% y 8,0% para el PBI y la demanda interna respectivamente, niveles inferiores a los registrados en los diez primeros meses del año (9,9% y 13,2% para el PBI y la demanda interna respectivamente). En el caso de la recaudación aduanera conviene anotar el menor dinamismo en las importaciones de enero (caída de 19,1%) explicadas en parte por los menores precios de algunas mercancías importadas.
domingo, febrero 15, 2009
Entrevista sobre la crisis y la deuda
L’analisi dell’economista peruviano Raul Mauro
Crisi, torna l’incubo del debito
di Alessandro Armato
L’Ecuador ha dichiarato una moratoria sui pagamenti: «Una mossa velleitaria. Ma il problema rimane molto serio»
La recente decisione del presidente ecuadoriano Rafael Correa di dichiarare una moratoria su parte del debito estero dell’Ecuador (cfr box) ha riportato alta l’attenzione sul problema dell’indebitamento dei Paesi latinoamericani. Nonostante il considerevole boom economico vissuto dalla regione negli ultimi anni, il peso del debito estero continua a soffocare lo sviluppo e a produrre povertà in tutta l’America Latina. E la situazione minaccia di peggiorare a causa dell’attuale crisi economica mondiale. Mondo e Missione ne ha discusso con Raul Mauro (nella foto), peruviano, docente universitario e analista economico di Latindadd, rete latinoamericana che si occupa specificamente di debito, sviluppo e diritti.
Come commenta la decisione dell’Ecuador di non pagare parte del suo debito?
Si tratta di una decisione sovrana, che vuole garantire il massimo benessere ai cittadini. Ma ritengo anche che sia stata presa senza considerare adeguatamente le conseguenze. L’Ecuador è un Paese piccolo e lanciandosi da solo in un’avventura di questo tipo corre grossi rischi. Consideriamo il precedente del Perù: non c’erano state dichiarazioni simili, si era deciso unicamente di limitare il servizio del debito al 10 per cento del valore delle esportazioni. Eppure il Paese ha comunque su- bìto le conseguenze delle misure disciplinari dei creditori, principalmente del Fondo monetario internazionale.
L’Ecuador quindi potrebbe pagare cara questa decisione…
Il problema è che la moratoria avviene in concomitanza con la crisi economica internazionale. Le opportunità di credito per finanziare i Paesi in via di sviluppo sono sempre più limitate. In questo modo l’Ecuador si è chiuso le porte del credito prima del tempo. Probabilmente l’amministrazione Correa sta pensando di ricorrere a prestiti di Paesi come Cina, India o Iran. Ma credo che il Paese andrà dritto verso un collasso economico.
Parte del denaro che Correa non intende pagare lo deve al Brasile. Secondo lei c’è il rischio di un imperialismo finanziario brasiliano in America Latina?
L’imperialismo finanziario brasiliano è già un fatto compiuto. Alcuni analisti si domandano se nel 2020 i Paesi andini parleranno mandarino o portoghese. Probabilmente parleranno entrambe le lingue, ma non c’è dubbio che il Brasile abbia un interesse strategico primario a incrementare il commercio con l’Asia. Per fare questo sta investendo molto sulla costruzione di porti e sull’infrastruttura stradale necessaria per attraversare le Ande. Il Brasile è un alleato strategico per l’Ecuador. Ma con atti come questo l’amministrazione Correa si allontana senza necessità dai potenziali benefici di questa partnership.
Negli ultimi anni l’attenzione nei confronti del problema del debito dei Paesi latinoamericani si è affievolita. Significa che è in via di soluzione?
Il problema è stato percepito come meno grave per via del boom delle economie latinoamericane. Ciò ha portato a una riduzione del peso e del servizio del debito negli indicatori tipici che ne valutano la sostenibilità: il rapporto tra debito ed esportazioni e tra debito e Pil. Ma questi indicatori non permettono una valutazione reale, perché non considerano aspetti fondamentali come la formazione di capitale nazionale per creare industria e, attraverso questa, lavoro. Le cifre dimostrano che le rimesse di utili verso l’estero sono aumentate quasi quanto le esportazioni. Significa che l’unica cosa che stanno percependo i Paesi sono le tasse doganali. Il denaro a disposizione basterà unicamente per finanziare programmi di assistenza sociale. Che non sono malvagi in sé, ma bisognerebbe considerare anche la responsabilità delle imprese nel creare impieghi dignitosi.
Che effetto può avere l’attuale crisi economica mondiale sul problema del debito?
Si dovranno operare tagli a causa di una crisi che non è stata generata in questa regione. E questo anche se abbiamo tenuto i conti in ordine, dopo la lezione appresa negli anni Ottanta.
Quali sono i Paesi latinoamericani che oggi soffrono maggiormente il problema del debito?
Il caso più eclatante oggi è quello dell’Argentina. Nonostante la rapida ripresa degli ultimi anni, non ha potuto rinegoziare adeguatamente i termini del suo debito estero il cui peso è ancora elevato. Le esportazioni bastano appena per reperire le risorse per pagare i debiti a breve termine. A favore degli argentini c’è tuttavia il fatto che loro, a differenza dell’Ecuador, possono sedersi a negoziare con i loro creditori.
Dopo avere cancellato parte del suo debito con il Fondo monetario internazionale, però, l’Argentina ha fatto ricorso a prestiti dal Venezuela con interessi più cari.
A quanto pare è stata l’unica strada ragionevole per finanziare la spesa pubblica. Il Venezuela ha offerto credito senza porre condizioni sulla politica interna, come sono soliti fare il Fondo monetario internazionale e la Banca Mondiale. Anche se potrebbe essere criticabile, la scommessa per lo sviluppo di un mercato finanziario regionale sud-sud è desiderabile rispetto all’inondazione di crediti provenienti da istituzioni finanziarie del nord.
Qual è, a suo avviso, il maggiore ostacolo per risolvere il problema del debito?
L’idea che sia un problema di natura solo tecnico-economica. Dietro i debiti esistono molte storie di corruzione che non vengono considerate. Dietro i debiti ci sono persone che stanno cercando di progredire, ma dato che i governi non possono stanziare le risorse necessarie, né possono imporre le regole per promuovere il proprio benessere - ad esempio attraverso un’educazione e una salute migliori - finiranno per andarsene dai loro Paesi, perché non offrono possibilità. Oppure protesteranno violentemente, come è accaduto in questi ultimi anni in cui la disuguaglianza è aumentata in modo eclatante no nostante il boom economico.
Come vede il problema Latindadd?
Il problema è politico e riguarda il modo in cui la società globale concepisce i rapporti. In questo senso il debito si è convertito in uno strumento attraverso cui alcuni governi forti tengono in ginocchio altri più deboli, pregiudicando le possibilità di questi ultimi di ridistribuire e raggiungere una crescita economica sostenibile. Crediamo che i Paesi meno sviluppati abbiano il diritto di proporre le loro soluzioni concertate, liberati dal problema del debito, per raggiungere il maggior benessere per le nostre società.
Lei quindi pensa che il meccanismo del debito risponda a una strategia di dominio dei Paesi più ricchi…
Credo che si sia convertito in uno strumento di dominio solo col tempo. Il debito è diventato un’opportunità per fare grandi affari a spese di governi fragili. Il problema non dipende nemmeno dalle regole del mercato. Dipende piuttosto dal fatto che i Paesi latinoamericani sono relegati al ruolo di produttori di materie prime. Se i tentativi di avviare processi di industrializzazione sono quasi sempre falliti è perché sono stati scoraggiati e frenati attraverso il debito.
Nel mondo cattolico, specialmente durante il Giubileo del 2000, si è chiesto a gran voce il condono del debito nei Paesi in via di sviluppo. Oggi in America Latina la Chiesa è sempre attenta a questo problema?
La Chiesa ha continuato a compiere sforzi anche dopo il Giubileo, anche se i governi hanno preferito parlare meno su questo tema. I progressi sono stati reali, ma limitati. Tuttavia è possibile che, sulla spinta della crisi finanziaria globale, la Chiesa torni nuovamente a guidare l’iniziativa proposta allora, affinché i principi di solidarietà e impegno per i diritti umani possano brillare con maggiore significato e rifondare l’economia globale
Cosa spera che venga fatto per risolvere in profondità il problema del debito?
È necessario stipulare un nuovo accordo globale che rifondi l’economia e la politica mettendo al centro la persona in qualsiasi parte del pianeta. L’attuale crisi economica ha messo in evidenza che una rifondazione dell’economia non servirebbe solo ai Paesi poveri ed emergenti, ma anche ai Paesi ricchi. Le condizioni per una convergenza sui diritti umani ci sono, manca ancora una leadership chiara, che scommetta sui diritti non solo dei cittadini dei Paesi ricchi, ma anche dei Paesi in via di sviluppo. Forse, in vista di una soluzione definitiva del problema del debito, sarebbe stato utile se la campagna del 2000 fosse coincisa con l’attuale crisi economica globale. Avremmo bisogno di un Giubileo 2009-
2010… debito e interessi catene allo sviluppo
Il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, ha dichiarato guerra al sistema finanziario internazionale quando, lo scorso novembre, ha annunciato che il suo governo «cercherà di non pagare il debito illegittimo, il debito corrotto, il debito illegale» ed esigerà sanzioni per chi si è reso responsabile della lunga serie di irregolarità, evidenziate dal lavoro di una Commissione ad hoc. Il debito estero del Paese attualmente è pari a 10 miliardi di dollari. In particolare, l’Ecuador intende rinegoziare a suo favore il debito commerciale relativo ai buoni Global 2012, che ammontano a 510 milioni di dollari, e ai buoni Global 2030, che raggiungono i 2,7 miliardi di dollari; e nel frattempo il Paese ha già dichiarato due volte una «moratoria tecnica», cioè una sospensione temporanea del pagamento degli interessi dei buoni Global 2012 e Global 2015. Quasi l’80 per cento del debito ecuadoriano riguarda operazioni di rifinanziamento, mentre solo il 20 per cento è stato destinato a progetti di sviluppo. Secondo Hugo Arias, membro della Commissione, negli ultimi decenni l’Ecuador ha ricevuto crediti per circa 80 miliardi di dollari. Al momento ha già restituito 127 miliardi, ma deve ancora oltre 10 miliardi. A.A.
Muchas crisis, un foro social
Nota: EU15: Austria, Belgica, Dinamarca, Finlandia, Francia, Alemania, Grecia, Irlanda, Italia, Luxemburgo, Holanda, Portugal, España, Suiza y Reino Unido. EU19: EU15 más República Checa, Hungría, Polonia y República Eslovaka.
Fuente: Europa (OCDE) y América Latina y El Caribe (CEPAL).
El Estado fiscal, nunca tuvo oportunidad de nacer en América Latina. Y por ello su desarrollo siempre ha sido postergado. Y en aquellos países donde intentó asomar la cabeza lo ha hecho a costa de la desigualdad y la exclusión más angustiante que hay sobre el planeta, fundamentalmente por la injerencia del capital extranjero en las industrias extractivas abundantes en la región. Por ello, la apuesta de implementar una red de justicia tributaria en América Latina, utilizando como escenario de surgimiento el reciente FSM(1), me ha parecido una experiencia sin precedentes por la oportunidad que se abre para la región: La de sensibilizar a la ciudadanía que no hay democracia ni desarrollo si no nace un Estado fiscal. Que no hay Estado fiscal sin una reforma profunda del actual sistema tributario que permita gravar a los que más tienen, para promover modelos de industrialización pos modernos, redistribuyendo recursos hacia bienes públicos de alta calidad que permitan hacer rentable a la sociedad en su conjunto.
Los desafíos para esta propuesta sin embargo, parecen ser muchos y monstruosos. Sólo señalaré dos. El primero, se ubica en la extrema desconfianza que siente la ciudadanía por el sistema democrático vigente al observar el elevado nivel de corrupción instalado en el corazón de los Estados latinoamericanos. ¿Cómo superarla? Una mayor participación y transparencia sólo serán posibles si el Estado fiscal emerge. Cuando la carga fiscal sea mayor, la población y sobre todo los empresarios exigirán al Estado rendir cuentas sobre ella. El segundo desafío tiene que ver con la profundización de la crisis sistémica internacional. Este fenómeno aparece como una excelente oportunidad para que las IFIs pretendan resucitar del polvo. Sin embargo, esta debe ser la oportunidad esperada por América Latina para implementar formas innovadoras de cooperación sur-sur como parte de su respuesta coherente a la crisis.
En suma, creo que el FSM de Belem ha cumplido su rol con mucho éxito, aunque su estrella haya sido velado por buena parte de los medios de comunicación internacionales. Y así debiera ser. La semilla es poco atractiva al caer en campo fértil. Pero luego, rinde mucho fruto.
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(1) Promovido y apoyado por
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domingo, febrero 08, 2009
La desigualdad era peor de lo que pensamos
Realizando los ajustes necesarios en las encuestas de hogares de ingresos (y gastos), encontramos que la desigualdad entre los ciudadanos del mundo se encuentra alrededor de 70 puntos del Gini, en vez de los 65-66 puntos previamente calculados. Esto significa que la desigualdad global es significativamente mayor que la desigualdad que hemos encontrado en cualquier país individual del mundo: esto es casi 10 puntos más grande que la desigualdad en Brasil o Sudáfrica.
Breve historia de 2096 familias
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miércoles, febrero 04, 2009
FMI confirma reducción de pobreza con aumento de la desigualdad en el Perú
La significativa reducción de la pobreza en el Perú se ha llevado a cabo junto con un persistente y creciente nivel de las disparidades regionales. La pobreza disminuyó en 9,4 puntos porcentuales en el Perú durante 2005-07, pero las ganancias no han sido distribuidas de manera uniforme. Las áreas Urbana, Selva y Costa se han beneficiado más de la reducción que las zonas rurales y la Sierra (Tabla 1). La mayoría de los departamentos experimentaron una disminución en sus cifras de pobreza durante el período 2005-07. Sin embargo, la desigualdad regional no se ha reducido (o incluso puede haber aumentado), de acuerdo con las medidas estadísticas de la desigualdad. La desviación media relativa y el coeficiente de Gini para la pobreza aumentó de 0,16 y 0,22, respectivamente en 2005 a 0,18 y 0,25, respectivamente en el 2007. La pobreza sigue siendo la más alta en Huancavelica, y mayor en la Sierra y la Selva que en la costa.
martes, febrero 03, 2009
Consejos de política fiscal para América Latina
Utilizar la política fiscal como instrumento de desarrolloEl LEO 2009 sugiere que el gasto social en América Latina tiene un efecto reducido en la igualación de la distribución de los ingresos - los cambios en los ingresos para los pobres y ricos - de lo que lo hace en la Unión Europea. De aquí que en América Latina el gasto social no está mejorando el nivel de vida para la mayor cantidad de la población posible. Usando una medida estadística conocida como el coeficiente de Gini para medir la desigualdad de la distribución del ingreso, el LEO 2009 anota que en Europa el gasto social redujo la desigualdad en 19 puntos, en comparación con sólo 2 puntos del Gini en América Latina.Mejorar el desempeño fiscalLos ingresos de los gobiernos en América Latina han representado en promedio el 23 por ciento del PIB entre 1990 y 2006, en comparación con el 42 por ciento en los países de la OCDE. El gasto público cuenta una historia similar: esta tuvo un promedio de tan sólo 25 por ciento del PIB en la región, contra el 44 por ciento en los países de la OCDE.Desvincular la gestión de la deuda de la políticaDurante 1990-2006, el gasto fiscal aumentó en 0,7 puntos porcentuales del PIB en América Latina durante los años electorales. En contraste, el impacto de las elecciones sobre el gasto público era esencialmente cero en los países de la OCDE.Diversificar las fuentes de ingresos fiscalesSólo uno de cada tres latinoamericanos está sujeto al impuesto sobre la renta.Simplificar los impuestos para reducir la carga de la informalidadMás de la mitad de los trabajadores latinoamericanos no tienen acceden a los derechos de pensión a través de sus puestos de trabajo.Mejorar la calidad del gasto públicoEl gasto en educación por alumno es cinco veces más bajo en América Latina que en los países de la OCDE.
domingo, febrero 01, 2009
Mayor transparencia sobre el Plan Anti Crisis
- La celeridad de la implementación del PEE
- El monto de los recursos que inyectará el PEE con respecto al PBI peruano
- La distribución de estos recursos según sector económico, territorio y tiempo